L’imbroglio dei referendum Un quesito improprio che non riconosce la funzione di governo di Guido Camera La risposta al quarto quesito referendario, ovvero quello riguardante la proposta di abrogazione della l. 51/2010 sul legittimo impedimento a comparire in udienza del presidente del Consiglio e dei Ministri, non può che muovere dall’analisi dell’attuale stato dell’arte. In particolare, si deve partire dalla lettura dalla sentenza con cui, a gennaio di quest’anno, la corte costituzionale ha risolto le questioni di illegittimità sollevate da tre giudici del tribunale di Milano. E’ bene ricordare che la legge in questione non ha introdotto una forma di immunità per il presidente del Consiglio ed i ministri, ma solo una tipizzazione delle attività di governo che possono legittimare il rinvio di un processo. Ciò significa che una richiesta di rinvio per legittimo impedimento deve essere basata su un impegno di governo "preciso e puntuale", che abbia "carattere preparatorio o consequenziale rispetto ad un altro preciso e puntuale impegno" riconducibile all’esercizio della funzione di governo prevista dal nostro ordinamento, che deve potere essere svolta in modo sereno nell’interesse della collettività. Tutto ciò in sintonia con l’orientamento decennale della corte costituzionale secondo cui il giudice "ha l’onere di programmare il calendario delle udienze in modo da evitare coincidenze con i giorni di riunione degli organi parlamentari" (sent. 225 del 2001). Peraltro, la legge oggi vigente non prevede alcun automatismo applicativo e generale, dovendo/potendo il giudice valutare in concreto la legittimità dell’impedimento a comparire. Secondo la giurisprudenza della Cassazione, inoltre, rientrano fisiologicamente nell’attività di governo che può legittimare il rinvio di un procedimento penale per impossibilità oggettiva dell’imputato a comparire in udienza, anche tutte quelle che "che siano coessenziali alla funzione tipica del governo", secondo un condivisibile criterio di collaborazione, e rispetto della reciproca autonomia, tra differenti, e indipendenti, poteri dello Stato. Non va infine dimenticato che, durante il periodo in cui il procedimento rimane sospeso per un legittimo impedimento, il corso della prescrizione del reato rimane "congelato", non precludendo così in alcun modo le esigenze della giurisdizione penale ed i diritti delle parti civili. Vi è un ulteriore aspetto della legge 51/10 che va evidenziato, per consentire al cittadino di andare (o non andare) in cabina elettorale a ragion veduta. L’articolo 2 chiarisce la natura di "legge – ponte" delle disposizioni sul legittimo impedimento, dato che sono efficaci solo "fino alla data dell’entrata in vigore della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri" e comunque non oltre "diciotto mesi dalla data di entrata in vigore" della legge, cioè l’ottobre di quest’anno. Queste brevi premesse consentono di comprendere che la natura del quarto quesito è lungi dal poter essere condivisa, poiché rinnega radicalmente la funzione sociale e democratica dell’attività di governo, che invece ha un rilievo costituzionale di fondamentale importanza. Si tratta, evidentemente, di un quesito pericolosamente strumentale, oltre che inutile, dato il "fiato corto" dell’efficacia della legge sul legittimo impedimento (si ripete, applicabile solo fino al prossimo ottobre), che cavalca i peggiori sentimenti dell’antipolitica e rischia di avvelenare il già complicato scenario politico attuale, caratterizzato da una fase di cambiamenti ed incertezze. Uno dei grandi errori della storia recente italiana è stato quella di pensare di combattere il malcostume e la corruzione, nella società civile e nel parlamento, facendo processi in piazza e abrogando l’autorizzazione a procedere dall’immunità parlamentare. Se, infatti, una giusta garanzia, quale appunto era l’autorizzazione a procedere nella democrazia parlamentare disegnata dall’Assemblea Costituente, viene applicata come un privilegio generalizzato, è soprattutto un problema sociale e politico scollegato dalla bontà della norma. Al contrario, lo sbilanciamento tra poteri dello Stato e le guerre giudiziarie sono purtroppo servite solo a distogliere l’attenzione, ed il giudizio, dell’opinione pubblica dalla reale attività di chi ci governa, riducendo le competizioni elettorali, locali e nazionali, a delle campagne d’immagine sulla persona del singolo candidato piuttosto che sulle sue idee per la società. Per questi motivi voterei no. Ma vista, come detto, l’inutilità di questo referendum, non andrò a votare. |